Storie

I sommergibilisti: “nel silenzio e nella speranza”

Tutti abbiamo visto uno o più film che hanno come protagonisti i sommergibilisti. E tutti ricordiamo l’angoscia che emerge dalla maggior parte di queste opere, dove questi marinai sono costretti a lottare contro il tempo a causa di circostanze che rischiano di condannarli a una morte atroce nella profondità del mare.

Una situazione analoga si è verificata a bordo di un sommergibile italiano impiegato nel corso della prima guerra mondiale: l’Atropo.

Il sommergibile “Atropo” (fonte: www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/storia/la-nostra-storia/accaddeil/Pagine/1913_02_05.aspx).

Prima di entrare nel dettaglio di questa vicenda, andiamo a conoscere alcuni particolari di questo sommergibile attraverso la descrizione che ne fa il sito della Marina Militare. Da notare che viene identificato come “1°”, in quanto un secondo Atropo è entrato in servizio nella Regia Marina nel 1939 e ha operato come unità posamine e da trasporto. (1)

Atropo (1°)

Nel 1910 la Regia Marina, nell’intendimento di sperimentare un sommergibile di costruzione estera che già aveva dato ottima prova, ordinò ai cantieri “Germania-Krupp” la costruzione di un’unità di piccolo dislocamento simile ad altre già in servizio nella Marina imperiale tedesca.

La caratteristica principale di tale tipo di sommergibile era rappresentata dalla struttura dello scafo che era formato da due involucri: uno interno a sezioni circolari chiuso agli estremi da calotte semisferiche, atto a sostenere forti pressioni, ed uno parziale leggero esterno: fra i due fasciami erano ricavati i compartimenti allagabili centrali e i depositi del combustibile.

Questo tipo di scafo conferiva al sommergibile una robustezza molto superiore a quella conseguibile dai battelli con forme avviate tipo torpediniera; l’esperienza confermerà in seguito l’importanza, ai fini della resistenza, degli scafi resistenti a sezioni circolari.

La velocità raggiunta alle prove dell Atropo (nodi 14,75) fu sensibilmente superiore a quella contrattuale (12); ciò dipese principalmente dalle modifiche fatte apportare dalla R. Marina alle forme dello scafo leggero esterno rispetto al prototipo tedesco.

L’Atropo, dopo il suo trasferimento in Italia, iniziò la sua attività addestrativa avendo base a La Spezia (2^ squadriglia) e saltuarie dislocazioni a La Maddalena; partecipò a tutte le maggiori esercitazioni navali con le Forze Navali in Tirreno.

Allo scoppio del primo conflitto mondiale era assegnato alla 1^ squadriglia di Venezia ed iniziò la sua attività bellica con agguati sotto le principali basi adriatiche del nemico; il 4 giugno 1916, presso l’isola di Pago, affondò con due siluri il piroscafo austriaco Albanien di 1122 tsl. Dopo l’armistizio, il battello continuò ad operare lungo le coste dalmate fino al momento della radiazione nel gennaio 1919. (2)

Il piroscafo austriaco “Albanien” affondato dall’”Atropo” il 4 giugno 1916 (fonte: www.h2oglobe.com/location/c6f08117-e9c0-4938-a8c2-98a0c95ed48b/albanien).

A proposito dell’azione contro l’Albanien, va sottolineato che l’Atropo fu il primo sommergibile italiano ad affondare una nave nemica.

Ma veniamo alla missione che si svolse alcuni mesi prima di questo successo: quando cioè il sommergibile, al comando del veneziano Tullio Bonamico, è stato protagonista di un’azione che ha messo in serio rischio la vita dell’equipaggio.

Vediamo quindi nel dettaglio come si è svolta questa vicenda attraverso un racconto pubblicato nel dopoguerra:

«RASTRELLATI DAL NEMICO»

È l’ottobre del 1915, il primo anno della nostra guerra. Sulla costa dell’Istria, nuda, desolata, grigia, il tramonto d’autunno getta le ultime luci. Piano piano, con le eliche che girano lentamente, il sommergibile Atropo si dirige verso Pola. È uno dei piccoli sommergibili costruiti a Kiel, un bastimento – come si dice in marina – di appena trecento tonnellate. I motori sono del solito tipo Diesel Krupp: tredici miglia in emersione, e otto nella navigazione sottomarina.

Quando la nave cammina in superficie, uno dei motori marcia ingranato all’elica, l’altro carica le batterie degli accumulatori.

Sono a bordo ventiquattro uomini. Lo comanda il tenente di vascello Tullio Bonamico, che ha per secondo il tenente di vascello meno anziano Giotto Maraghini.

L’Atropo è uscito a mezzogiorno da Venezia a caccia di selvaggina. E quel misterioso presentimento che la guerra crea nell’animo dei marinai, concentra l’attenzione dei due ufficiali sul cristallo del periscopio. Il sommergibile è immerso a sei metri di profondità, quanto basta perché il periscopio «veda».

Ufficiale al periscopio a bordo di un sommergibile italiano.

Gli uomini sono a pranzo. Non è molto ricca la lista dei cibi, sui sommergibili in crociera. Al mattino larga distribuzione di caffé e latte in grandi tazzoni; alla sera altrettanto. E fra questi due pasti, semplici ed igienici per sveltire il corpo e lo spirito, una sola e formidabile razione di pasta al burro.

Nessuno si lamenta. Innamorati dei timoni e dei motori, intenti ciascuno al servizio della propria specialità, questi meravigliosi ragazzi italiani – perché non dire che sono i migliori marinai del mondo? – non hanno occhi che per i propri ufficiali. Stretta dalla passione e dal pericolo, la gente dei sommergibili è una famiglia sola: «per la vita e per la morte».

***

Ecco: una linea di fumo segna l’orizzonte. Sembra una ruga nel cielo senza nubi, sull’Adriatico di cui nessuna bava rompe la calma cristallina.

È una torpediniera austriaca che fa rotta a tutta forza in direzione di sud-ovest. Non pensa certo a compiere un’azione contro le coste italiane: gli Austriaci non hanno di queste abitudini da spacconi. Dove va, dunque? Senza dubbio a qualche misterioso appuntamento coi sommergibili che operano al largo. Bene! Bisogna, dunque, fermare al volo la silurante, e avvisarla che l’Alto Adriatico è, per l’Austria, caccia proibita.

Il comandante dell’Atropo non ha bisogno di dire: «Pronti ai tubi».

I siluristi sono al loro posto, in attesa dell’ordine. Carezzano con lo sguardo i lucidi strumenti di morte, da cui fra poco filerà con un fischio leggero la torpedine. Ma la visibilità è pessima: giochi di controluce creano, attorno al bersaglio che avanza, strane ombre danzanti.

Trenta secondi… Venti secondi… Dieci secondi…

La camera di lancio di un sommergibile italiano.

Ahimé! Il colpo è mancato. Per uno di quei capricci che tutti i marinai conoscono, e che fanno sovente dei siluri di tutte le Marine una specie di strano pesce, ribelle alle leggi della direzione e dell’impulso, i due lanciati dall’Atropo hanno divaricato, e messo in mezzo il bersaglio.

Circa un anno dopo, il giorno dello Statuto del 1916, l’Atropo si vendicherà di questo colpo mancato, silurando e spezzando in due, nel Quarnerolo, il trasporto austriaco Albanien. In quel giorno il sommergibile sarà comandato da Maraghini e avrà per pilota Nazario Sauro.

Per intanto, nulla da fare. La silurante austriaca ha percepito il pericolo e si difende bravamente. Un suo siluro passa, con un lungo gorgoglio, a pochi metri dall’Atropo che si immerge.

Torpediniera della Marina austro-ungarica (fonte: http://www.shipmodell.com/index_files/SHIPMODELL_SMTB_11.htm).

Poi, comincia subito la «fantasia» delle bombe. Tre, quattro, cinque rombi fragorosi.

Freddo, calmissimo, il tenente di vascello Bonamico ordina la manovra per allontanarsi dallo specchio d’acqua divenuto pericoloso. Ed ecco che le esplosioni si intensificano e si fanno più vicine. Gli uomini sono assordati dal fragore.

Tutt’intorno allo scafo l’acqua è squarciata da una infernale tempesta di colpi. I vetri esterni dei due periscopi s’infrangono; poi, con la rottura dei cavetti d’acciaio, entrambi cadono nell’interno come i pestelli di un mortaio.

Non basta. Da ogni parte del sommergibile gli uomini, senza confusione, segnalano un’avaria. Si rompono i globi di protezione della lampadine; si spezzano i quadranti di porcellana del telegrafo di macchina. Non c’è da esitare. La salvezza, la sola salvezza possibile, è giù, verso il fondo.

– Che fondale? – chiede il comandante Bonamico.

– Quaranta cinque metri – risponde Maraghini. È un po’ forte. Ma non c’è altro da fare. E l’Atropo resisterà.

Il capo timoniere Monti – uno dei più valorosi timonieri di sommergibile – guarda il comandante. Alla sua calma l’equipaggio dell’Atropo dovrà la vita.

– Tutto sotto! – comanda Bonamico.

E l’Atropo, obbediente alla sforzo dei timoni di profondità, scende ad adagiarsi sul fondo, mentre alla superficie continua, vorticoso, lo sciabordio delle eliche e il susseguirsi delle esplosioni.

Ed ora, non c’è che da aspettare. Gli Austriaci non accennano ad andarsene. La loro riserva di bombe deve essere inesauribile.

Giù, nel sommergibile, gli uomini cercano, in silenzio, di riparare le avarie. La luce si è fatta fioca, il respiro diventa affannoso: si consuma troppo ossigeno, e l’aria si va viziando.

Il comandante ordina di mettere in moto gli apparecchi Westfalia. Si tratta di un doppio circuito aereatore composto da due tubi in cui l’aria è costretta a girare, passando attraverso scatole che contengono una sostanza chimica in «pani». L’aria così si depura e si rigenera, deponendo il carbonio.

Apparati elettrici a bordo di un sommergibile italiano.

Bonamico e Maraghini rivolgono agli uomini delle parole incoraggianti e scherzose…

Clac… Clac… Clac…

Che cos’è questa novità? Sullo scafo del sommergibile si sentono dei curiosi rumori: una specie di sfregamento.

Gli ufficiali si guardano e si comprendono senza parlare. Da bordo della silurante austriaca, ancorotti e ganci stanno rastrellando il fondo.

E se si trattasse dei famosi «aratri» con le bombe agganciate? Bonamico incrocia le braccia, e fischietta la «Vedova allegra».

Gli uomini non dicono niente, ma hanno capito anche loro. Ogni secondo che scocca sul quadrante del tempo può essere l’ultimo.

E le ore passano, lente, mortali. A tratti una esplosione e una scossa.

– Beh! – dice il comandante. – E se provassimo ad andarcene?

Rega e Zoli, i motoristi, sono pronti a mettere in moto. Piano, piano, l’Atropo si solleva con leggere oscillazioni dal suo letto marino; le eliche si avviano.

Motori a scoppio di un sommergibile italiano.

Ma gli ufficiali si accorgono subito dell’avaria più grave di tutte: il sommergibile non governa più!

Lo scoppio di una bomba ha rotto la catena di agghiaccio del timone di direzione.

L’Atropo non è più che un cetaceo cieco e paralizzato, condannato a girare su se stesso, senza poter seguire una rotta, senza poter affiorare alla superficie, dove continuano a udirsi i ronzii vorticosi delle eliche nemiche, sonoramente ripercossi nei dischi acustici dei fessenden (3) applicati contro lo scafo. Ma il comandante Bonamico non perde la calma.

Bisognerà «arrangiarsi», ecco tutto.

Arrangiarsi: la parola magica, la «chiave inglese» della vita del marinaio; quella che permette di realizzare l’impossibile, di modificare le leggi naturali, di superare i limiti dello spazio e del tempo!

Un corto circuito ha paralizzato il tubo di aspirazione di una pompo elettrica: bisogna pompare a mano per esaurire le sentine, e cercare di allontanarsi strisciando quasi sul fondo, come un bruco ferito.

L’Atropo si converte in tank; (4) e si mette in moto dirigendo con l’uso alterno delle due macchine.

I quattro “tank marini” di base nell’Arsenale di Venezia (fonte: https://nationalinterest.org/blog/reboot/italy%E2%80%99s-odd-grillo-tank-boat-was-built-one-mission-only-1803669).

A poco a poco i rumori si attenuano, lassù. Di tanto in tanto qualche bomba mollata dagli Austriaci lacera ancora l’acqua, ma il pericolo si allontana.

Nel sommergibile si respira male: l’aria è pesante. Vapori di benzina si sono sviluppati a prua, e qualche marinaio ride forte, preso da una pericolosa ebbrezza.

I motori hanno delle allarmanti perdite di colpi; Rega e Zoli, curvi, attenti, sfiorano il metallo che scotta con carezze paterne.

Il comandante guarda il cronografo e fa un calcolo sommario della rotta percorsa. Sono le due di notte. Poi, con un piccolo gesto, dà l’ordine che tutti si aspettano: – Emersione!

Nelle casse si sente il fischio dell’aria compressa che espelle l’acqua. L’Atropo risale, lentamente, con un lieve dondolio.

Quando la torretta supera l’acqua, il bianco riverbero della luna, che è spuntata da un’ora, penetra per il chiosco. Gli sportelli si abbattono: l’aria frizzante della notte autunnale penetra nell’imbarcazione come una iniezione di vita, giù per la scaletta, in mezzo agli uomini debilitati.

Il mare è deserto. Fa freddo. I sommergibilisti sono saliti in coperta e si accingono a riparare con una «falsa maglia» le trasmissioni del timone. Basta che «agguantino» fino a Venezia!

Sommergibilisti in coperta.

Il tenente di vascello Maraghini sta facendo l’inventario dei guasti. Nessuna bomba ha toccato lo scafo. Ma le esplosioni vicine sono state sufficienti per disarticolare tutti i servizi di bordo. Non una sola parte del battello è intatta.

L’Atropo cammina come un pesce mutilato della coda e delle pinne. Gli uomini sussurrano, contenti – come si dice in marina – di «poterla raccontare». Da tutte le parti si odono cigolii: il battello è proprio scassato, e ha bisogno di arsenale, l’ospedale delle navi.

Ora l’alba si leva sull’Adriatico e sfoglia di rose il cielo d’Oriente.

Venezia si avvicina. Un nostro «caccia» muove incontro all’Atropo e gli passa di fianco in un grande sciabordio di eliche. Sul campanile di San Marco le stelle impallidiscono e svaniscono.

Cacciatorpediniere di base a Venezia. In questo caso si tratta del “Sirtori” (fonte: immagine di pubblico dominio).

Dalla torretta, Bonamico saluta con la mano quelli del «caccia».

– Comandante – dice Maraghini – ieri, prima di uscire da Venezia, è venuto a bordo il Signor …

Bonamico tocca disperatamente ferro.

– Poteva dirmelo prima! Ringraziamo tutti gli Iddii di non essere rimasti là sotto!…

Gli uomini hanno sentito, e ridono come bambini spensierati.

E chi si ricorda della morte che ha sfiorato l’Atropo?

La guerra sul mare gli Italiani sanno farla così… (3)

Nel 1917, per l’atteggiamento tenuto nel corso di questa pur sfortunata azione, al comandante dell’Atropo venne assegnata la medaglia d’argento al valor militare con questa motivazione:

«BONAMICO Tullio

Tenente di vascello, nato a Venezia il 9-11-1879

“Per aver compiuto, con ardimento ed abilità marinaresca, numerose missioni di guerra sulla costa nemica, e per l’intelligenza e lo spirito di combattività dimostrati in uno scontro con siluranti avversarie che riuscivano a produrre importanti avarie al sommergibile e al suo comando”.

Alto Adriatico, 9 novembre 1915». (4)

Giotto Maraghini, che nel 1934 darà alle stampe un libro dove racconta le vicende che lo hanno visto coinvolto a bordo dell’Atropo, rimarrà in servizio attivo fino al 1945 raggiungendo il grado di ammiraglio di squadra.

Giotto Maraghini fotografato nel corso della seconda guerra mondiale (fonte: immagine di pubblico dominio). A fianco, la copertina del suo libro dedicato al sommergibile “Atropo”.

Note

La frase virgolettata nel titolo è la traduzione di In silentio et spe, il motto del sommergibile Pelosi della classe “Sauro”. Per approfondimenti su questa unità, vedi: https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/mezzi/forze-subacquee/Pagine/08_pelosi.aspx

1) Per conoscere nel dettaglio le vicende del secondo Atropo, vedi: http://conlapelleappesaaunchiodo.blogspot.com/2020/11/atropo.html

2) https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/mezzi/mezzi-storici/Pagine/Smg/atropo_01.aspx

3) I fessenden sono strumenti elettro-acustici utilizzati per rivelare suoni in acqua e determinare la direzione della loro sorgente; prendono il nome dal canadese Reginald Fessenden che nel 1914 negli Stati Uniti inventò quello che si può considerare il primo sonar.

4) I cosiddetti “tank marina” erano barchini d’assalto costruiti nell’Arsenale di Venezia. I quattro esemplari (Grillo, Locusta, Cavalletta e Pulce) erano muniti di catene per agganciarsi alle ostruzioni poste a protezione dei porti nemici e poterle così scavalcare. Per ulteriori informazioni su queste speciali imbarcazioni, vedi: https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-cultura/musei/museotecnav/Pagine/Mezzod%27assaltodisuperficieGrillo.aspx

3) Sulliotti Italo, “S.O.S.”. Insidie e misteri della guerra navale, Casa Editrice Giacomo Agnelli, Milano, 1930, p. 50-59.

4) http://decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org

Le foto dove non viene specificata la fonte sono tratte da: Milanesi Guido, Sommergibili, Alfieri & Lacroix, Milano, 1917.